Il sangue del fanciullo

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Dino Campana, autore dei Canti orfici, uno dei più importanti componimenti letterari del Novecento, condusse una vita nella marginalità sociale, che lo portò prima in carcere, poi in manicomio, dove morì nella solitudine della follia reclusa.
La sua vicenda umana colpisce, per quanto in lui la genialità letteraria abbia convissuto con una condizione di indubbia follia.
Nel mondo dell’arte – e non solo in quello – sono tanti gli esempi di vita nei quali genio e follia convivono nello stesso autore; si tratta di un fenomeno del quale facciamo esperienza, ad esempio, di fronte ai dipinti di Vincent Van Gogh, alle sinfonie di Robert Schumann, o ai componimenti di Edgar Allan Poe.
Malgrado ciò, a più di un secolo dalla prima pubblicazione dei Canti orfici, il dilemma tra genio e follia in Dino Campana fa ancora discutere, come si trattasse di un problema controverso e insolvibile. Per alcuni, come Umberto Saba, egli fu matto e nient’altro che matto, e anzi venne scambiato per un vero poeta; per altri, come Sebastiano Vassalli, furono i conterranei, la madre e i suoi familiari, gli intellettuali del suo tempo e addirittura gli psichiatri a volerlo pazzo. Eppure, scrisse Montale di Campana, in lui nulla fu di mediocre.
Mediante una lettura in chiave psicologica, emerge che Campana non fu solo un genio e neppure unicamente un folle: fu invece sicuramente malato, come lo sono tanti – oggi curabili – e la sua vita sgangherata, che lo condusse più volte in manicomio, dove morì, attesta che la malattia psichiatrica, per quanto grave sia, non preclude necessariamente la creatività.

Grazie all’interpretazione in chiave psichiatrica
di miti classici e alla rielaborazione creativa
di rimandi danteschi, ci consegna un Dino Campana lontano dall’immagine in cui sempre
è stato nozionisticamente catalogato
e lo fa cantore della fragilità umana

Pathos Edizioni – Marzo 2025


Massimo Scalini (1959) condivide con Dino Campana i natali in quel di Marradi, una controversa terra di confine tra la colta Toscana e la gaudente Romagna, in quella che, cent’anni orsono, era la Romagna Toscana.
Dal periodo universitario ha sempre vissuto a Firenze dove esercita la sua professione di psichiatra.
Da qualche anno ha cominciato a portare sulle pagine stampate la sua esperienza di psicopatologo e la sua cultura umanistica.
Membro del Centro Studi Campaniani di Marradi ha partecipato a diversi convegni sul tema e ha pubblicato articoli e saggi su riviste dedicate.
Per Pathos Edizioni nella collana narrativa ha pubblicato nel 2022 il romanzo La Porta di Dite. La follia reclusa.

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